- Pubblicazione
- Significato del titolo
- Tempo e luogo dell'azione
- Argomento
- Personaggi
- Le intenzioni dell’autore
- La trama capitolo per capitolo
- Capitolo I - Vinicio innamorato
- Capitolo II - La visita a casa di Plauzio
- Capitolo III - L’idea di Petronio
- Capitolo IV: La consegna di Licia
- Capitolo V - La frustrazione di Plauzio
- Capitolo VI - Il confronto fra Vinicio e Petronio
- Capitolo VII - Il party imperiale
- Capitolo VIII - L’angoscia e i propositi di Licia e Ursus
- Capitolo IX - L’incontro con Poppea
- Capitolo X - La fuga
- Capitolo XI - L’accusa di malocchio
- Capitolo XII - Gli eventi precipitano
- Capitolo XIII - Chilone Chilonide
- Capitolo XIV - I funerali di Augusta
- Capitolo XV - Lo scambio epistolare tra Petronio e Vinicio
- Capitolo XVI - Ricompare Glauco
- Capitolo XVII - L’inganno di Chilone
- Capitolo XVIII - Nuove lettere da Petronio
- Capitolo XIX - Il nuovo piano per rapire Licia
- Capitolo XX - La predica di San Pietro
- Capitolo XXI - Licia seguita fino a casa
- Capitolo XXII - La lotta fra Crotone e Ursus
- Capitolo XXIII - Vinicio fra i cristiani
- Capitolo XXIV - Glauco perdona Chilone
- Capitolo XXV - I cambiamenti di Marco
- Capitolo XXVI - Il conflitto interiore
- Capitolo XXVII - La visita di Pietro e Paolo
- Capitolo XXVIII - Marco ritrova la serenità
- Capitolo XXIX - L’amore fra Petronio ed Eunice
- Capitolo XXX - Le insane idee di Nerone
- Capitolo XXXI - La svolta di Marco
- Capitolo XXXII - La punizione di Chilone
- Capitolo XXXIII - Il fidanzamento fra Licia e Marco
- Capitolo XXXIV - Momenti d’amore
- Capitolo XXXV - Marco cambia vita
- Capitolo XXXVI - Sinistri presagi
- Capitoli XXXVII, XXXVIII - Le lettere di Marco e Licia
- Capitolo XXXIX - Momenti felici e nubi all’orizzonte
- Capitolo XL - Progetti inquietanti
- Capitolo XLI - L’incendio di Roma
- Capitolo XLII - Marco corre da Licia
- Capitolo XLIII - La ricerca continua
- Capitolo XLIV - Roma brucia
- Capitolo XLV - L’incontro con Pietro
- Capitolo XLVI - Il ritorno dell’imperatore
- Capitolo XLVII - “Panem et circenses!”
- Capitolo XLVIII - Il battesimo di Vinicio
- Capitolo XLIX - I cristiani vengono accusati dell’incendio
- Capitolo L - Liste di proscrizione
- Capitolo LI - Licia prigioniera
- Capitolo LII - L’angoscia di Marco
- Capitolo LIII - La preghiera
- Capitolo LIV - L’incontro con Chilone
- Capitolo LV - La dura prigionia
- Capitolo LVI - I martiri cristiani nel circo
- Capitolo LVII - Il piano di Marco e Petronio
- Capitolo LVIII - Nuove esecuzioni di cristiani
- Capitolo LIX - Nerone vacilla
- Capitolo LX - Licia in punto di morte
- Capitolo LXI - Le nuove torture di Nerone
- Capitolo LXII, LXIII - La morte di Glauco e la redenzione di Chilone
- Capitolo LXIV, LXV - Licia condannata a morte
- Capitolo LXVI - Il trionfo di Ursus
- Capitolo LXVII, LXVIII - Il consiglio di Petronio
- Capitolo LXIX, LXX - “Quo vadis, domine?”
- Capitolo LXXI, LXXII - Il destino si compie
- Capitolo LXXIII, LXXIV - La fine di Petronio
- Epilogo
- Versioni cinematografiche
- Biografia di Henryk Sienkiewicz
- Opere di Henryk Sienkiewicz
Quo vadis? è un romanzo storico dell'autore polacco Henryk Sienkiewicz. Fu scritto tra il 1895 e il 1896 ambientato al tempo dell'imperatore romano Nerone, intorno al 64 d.C.
Racconta la storia d'amore tra un patrizio romano, Vinicio, e una giovane principessa del nord, convertitasi al cristianesimo di nome Licia, dal nome del suo popolo. Il titolo si basa su una citazione degli Atti degli Apostoli e il romanzo ha un forte messaggio filo-cristiano, utilizzando molti simboli che provengono sia da riferimenti storici romani che biblici. Il libro è considerato un'epopea storica, contando quasi cinquecento pagine.
L'autore, Henryk Sienkiewicz, era uno scrittore, giornalista e successivamente premio Nobel polacco che viveva nella Polonia russa. Come giornalista, viaggiò negli Stati Uniti, componendo dei saggi di viaggio, che gli valsero un'enorme popolarità tra la sua gente.
La sua opera più famosa è stata Quo Vadis, per la quale svolse ricerche approfondite. Il romanzo fu prima serializzato e poi pubblicato come libro nel 1896, un anno dopo la sua lenta uscita sui giornali. Il lavoro di Sienkiewicz fu ampiamente tradotto e pubblicato in tutto il mondo e nel 1905, circa un decennio prima della sua morte, vinse il Premio per il romanzo in letteratura per i suoi successi.
Pubblicazione
Dapprima, tra il 1895 e il 1896, il romanzo venne pubblicato a puntate sul giornale la Gazzetta Polacca (Gazeta Polska di Varsavia). La sua pubblicazione sui giornali Czas di Cracovia e sui giornali Dziennik Poznański di Poznań) fu leggermente posteriore. Poco dopo l'opera fu pubblicata integralmente e la sua presentazione avvenne a Cracovia nel 1896. Una parte del manoscritto è conservata nell'Ossolineum di Breslavia.
Significato del titolo
Il titolo dell'opera è in latino e significa "Quo vadis?" Questa espressione si riferisce alle parole "Quo vadis, Domine?" (“Dove vai, Signore?”) che, secondo la leggenda e la tradizione, furono pronunciate dall'apostolo Pietro mentre fuggiva da Roma per salvarsi dalla persecuzione dei cristiani per ordine dell'imperatore Nerone. Interrogato da Pietro, Gesù che gli era apparso lungo la Via Appia, rispose: "Sto per essere crocifisso a Roma per la seconda volta perché i miei discepoli mi abbandonano". Vergognandosi della sua codardia, Pietro torna a Roma per affrontare il suo destino: il martirio.
Tempo e luogo dell'azione
L'azione si svolge principalmente a Roma, città con una popolazione caratterizzata da una grande varietà di nazionalità e classi sociali. La narrazione principale si svolge durante gli ultimi sei anni del regno dell'imperatore Nerone(63-66 d.C.), mentre l'azione dell'epilogo, dal canto suo, si svolge intorno all'anno 68 d.C. Gli eventi che permettono di delimitare il tempo dell'azione sono l'arrivo di Vinicio a Roma dopo la conclusione della pace con l'Armenia (63 d.C.), l'incendio di Roma (64 d.C.), la morte di Petronio (66 d.C.) e la morte di Nerone (68 d.C.).
Argomento
- La trama principale del romanzo è incentrata sulla storia d'amore tra Vinicio e Ligia (detta anche Licia in alcune edizioni italiane), due persone che appartengono a mondi completamente diversi. Vinicio è un patrizio romano mentre Licia, discendente da un antico popolo barbarico, è cristiana ed è ostaggio di una famiglia romana. La trama amorosa, interamente fittizia, influenza in modo decisivo lo sviluppo dell'azione, che mette in risalto la fuga di Licia, la ricerca dell'amata da parte di Vinicio, il tentato rapimento, la trasformazione e il battesimo di Vinicio e la miracolosa salvezza di Licia nel circo. Il culmine della trama è il confronto di Ursus con il toro. La vittoria dell'uomo contro l'animale nell'arena del circo simboleggia il lieto fine della vicenda poiché, da quel momento in poi, Licia, Vinicio e lo stesso Ursus sono nelle mani del popolo romano. Si tratta di un evento fondamentale poiché, proprio in quel momento, il popolo volta le spalle a Nerone e si dichiara a favore dei cristiani.
- Un'altra trama del romanzo, di carattere storico, si concentra sul personaggio di Nerone, sul suo desiderio di perseguitare i cristiani e sull'espansione della fede cristiana.
- Figura chiave dell'opera letteraria è Petronio: patrizio romano e stretto consigliere di Nerone che costituisce un esempio di gusto ed eleganza dell'antichità classica. Petronio simboleggia la cultura classica del passato, grandiosa, rispetto a quella che dominò durante il regno di Nerone, una cultura in costante declino. Rischiando continuamente la vita, Petronio si oppone alll'imperatore e perde. Fin dall'inizio il suo atteggiamento è suicida e proprio così finisce il patrizio: suicida tra le braccia della sua amata Eunice.
- Il personaggio più tragico e allo stesso tempo comico dell'opera è Chilone Chilonide, un uomo senza scrupoli morali, disposto a tutto, anche a incriminare i più innocenti. Il suo ruolo subisce però un'importante trasformazione poiché, alla fine, finisce per morire crocifisso in difesa di coloro da lui stesso incriminati: i cristiani.
Il libro inizia con l'introduzione dei due personaggi principali, Marco Vinicio e Licia. Marco è un gentiluomo patrizio e tribuno romano, e Licia è una giovane donna cristiana, protetta da un'importante famiglia romana. Sebbene sia un ostaggio, i padroni di casa di Licia la trattano come una figlia.
Marco va a trovarla e subito la desidera perché è così bella. Lo zio di Marco, Petronio, un uomo con forti legami a corte, suggerisce che Marco usi la sua influenza per chiedere a Nerone di portare Licia a palazzo contro la sua volontà. Non capisce perché Licia sia così sconvolta quando vi arriva, nonostante sia stata allontanata con la forza da casa sua.
Una volta a palazzo, sono coinvolti in un banchetto che si trasforma però in un'orgia di ubriachi. Marco si rende presto conto di amare Licia per la sua purezza e che costringerla a sottomettersi a lui rovinerebbe il suo amore per lei.
Licia fugge dal palazzo con un servitore e Marco, tramite il simbolo di un pesce che ha lei una volta gli ha disegnato nella sabbia, cerca di scoprire la comunità a cui appartiene: è sorpreso di apprendere che la fanciulla è una cristiana. Ci sono una serie di strane voci che circolano nell'impero sui cristiani, e Marco è perplesso sul fatto che la donna che ama faccia parte di questa comunità.
Decide, tuttavia, che aggiungerebbe felicemente al suo altare qualunque dio di cui avesse bisogno per conquistare il cuore di Licia, e continua la sua missione per trovarla.
Marco alla fine trova la fanciulla in una comunità cristiana; apprende quanto sia diversa la religione cristiana dall'altare pagano romano a cui è abituato. Piuttosto che essere una pratica secondaria che rappresenta una piccola parte della vita quotidiana, Marco si rende conto che i principi di Licia modellano la sua intera vita; non può diventare la sua amante o sua moglie a causa della sua fede nella purezza prima del matrimonio e perché lui non è un uomo cristiano. Marco si tormenta per questo blocco nella loro relazione, anche se sente che anche Licia prova dei sentimenti per lui.
Sfortunatamente, nubi scure si stanno addensando sugli innamorati. Nerone è così annoiato che organizza con un intrattenimento crudele: ordina l'incendio di Roma per vederne uno vero ed essere in grado di comporre un poema, come l'Iliade di Omero. Marco, che allora si trovava alla corte di Nerone ad Anzio, ritorna sconvolto perché teme per Licia. Quando finalmente i due si incontrano di nuovo,l’apostolo Pietro lo battezza.
I cristiani vengono accusati di aver bruciato Roma. Per ordine di Nerone, muoiono in agonia nelle arene, dilaniati dagli animali feroci, prendendo parte a scene crudeli tratte della mitologia.
Paolo di Tarso benedice i martiri dall'alto dell'anfiteatro. Infine, Licia, che era stata imprigionata qualche tempo prima, viene introdotta nell'arena assieme ad Ursus, un enorme schiavo che veglia su di lei sin dall’infanzia.
Nerone si vuole divertire di nuovo, questa volta a spese di Vinicio. Licia è stata legata alle corna del terribile toro germanico e il compito di Ursus è salvarla.
L’impresa è quasi impossibile, eppure il potente servitore di Licia riesce a spezzare il collo dell'uro. Licia viene salvata e gli amanti finiscono sotto la protezione del popolo romano, contro il quale anche Nerone è impotente.
Nel finale di Quo Vadis muore lo stesso Nerone, convinto che il mondo stia perdendo con lui un artista straordinario.
Nel suo contenuto tematico, questa epopea esplora il contrasto tra Roma al tempo di Nerone e i valori e le credenze cristiane, confrontando l'umiltà della fede cristiana con l'eccesso e la corruzione dell'Impero Romano dell'epoca.
Sebbene molti cercassero l'approvazione di Nerone, egli era un imperatore lunatico che spesso esiliava i suoi seguaci per capriccio; c'è la sensazione tra i personaggi romani che insieme alla ricchezza e all'eccesso arrivino il pericolo, la paura e la perdita dei propri valori.
Il libro è fortemente filo-cristiano in questo senso, promuovendo il sistema di credenze del popolo di Licia. Sienkiewicz dimostra attraverso l'incrollabile attrazione di Marco per Licia e la sua incapacità di compromettere i suoi valori, come i romani pagani invidiassero la pace e la rettitudine morale dei primi valori cristiani.
Ad un certo punto del romanzo, Sienkiewicz fa incontrare l'apostolo Pietro con l'imperatore Nerone durante un viaggio; l'autore riconosce la natura fugace del successo di Roma e l'eterno potere del cristianesimo nei secoli a venire.
Personaggi
Figure storiche
- Nerone (noto anche come "Scimmia dai capelli rossi","Barba di rame", "l’incendiario di Roma" e "il Matricida"): imperatore romano.
- Petronio: patrizio romano, poeta, epicureo ed esteta. Un uomo buono e onorevole, un personaggio che costituisce l'essenza delle caratteristiche positive dell'epoca pagana. Nell'opera, è lo zio di Marco Vinicio.
- Tigellino: generale e prefetto della guardia imperiale romana.
- Pomponia Grecina: Madre adottiva di Licia.
- Poppea Sabina: seconda moglie di Nerone.
- Atte: ex amante di Nerone.
- Seneca: filosofo romano, stoico, già maestro di Nerone.
- Lucano: nipote di Seneca, poeta romano. Si suicida insieme a suo zio e Petronio a causa degli intrighi di Tigellino.
- L'apostolo Pietro.
- L'apostolo Paolo.
Personaggi di fantasia
- Marco Vinicio: Patrizio romano, soldato coraggioso e membro dell'esercito. Si innamora della cristiana Licia e, in seguito ai suoi sentimenti per lei, si converte al cristianesimo.
- Licia: figlia di un re barbaro di una lontana città appartenente agli Svevi, schiava di Roma, condotta in ostaggio, adottata ed educata da Aulo Plauzio e da sua moglie Pomponia Grecina. Donna cristiana e amata da Marco Vinicio, che fugge per non diventare la sua amante. Grazie a lei il giovane patrizio subisce una grande trasformazione e si converte al cristianesimo dopodiché Licia accetta di sposarlo.
- Ursus ("Urbano" dopo il battesimo): fedele servitore della madre di Licia, alla quale ha promesso, sul suo letto di morte, di difendere allo stesso modo la figlia. Lavora nel mulino, uccide Kroton (un gladiatore) grazie alla forza fisica soprannaturale. È molto ingenuo e credulone, cosa che si vede quando si fida di Chilone Chilonide e crede che Glauco sia un traditore.
- Glauco: medico cristiano di origine greca. Sua moglie e i suoi figli vengono venduti da Chilone Chilonide come schiavi. Muore sul rogo ma prima concede più volte il perdono a Chilone, il che contribuisce alla trasformazione finale di quest'ultimo.
- Crispo.
- Eunice: schiava e amante di Petronio che, di sua spontanea volontà, sceglie di suicidarsi insieme al suo padrone, invece di vivere tra le sue ricchezze.
- Chilone Chilonide: filosofo greco che vive insegnando. È un impostore, ama il denaro (vende i cristiani a Nerone in cambio di oro e incarichi prestigiosi, e prima ancora vende come schiavi la moglie e i figli dell'amico Glauco). Subisce un cambiamento alla fine dell'opera, dopo la morte dello stesso Glauco.
- Germano Gulo: schiavo, tutore ed educatore di Marco Vinicio.
Nel romanzo compaiono anche:
- Cortigiani: le persone più vicine all'imperatore (come i consiglieri).
- Patrizi: discendenti di famiglie nobili romane e membri del Senato, coloro che fanno parte del governo e partecipano alle campagne belliche.
- Cittadini romani: persone libere, non particolarmente abbienti (commercianti, artigiani e poveri liberi).
- Schiavi: per lo più ostaggi di guerra senza alcun diritto; tra di loro spiccano i gladiatori.
Le intenzioni dell’autore
Molti autori sostengono che Quo vadis? Sia un'epopea del cristianesimo. Il fatto è innegabile, sebbene l'opera letteraria sia complessa e comprenda aspetti molto specifici anche della storia polacca. L'opera ritrae l'oppressione statale che ebbe luogo in Polonia quando scomparve dalla mappa dell'Europa nel 1795. I territori polacchi furono divisi tra Prussia, Impero russo e Impero austro-ungarico e il paese riapparve come tale solo nel 1918, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.
Sienkiewicz paragona la sofferenza dei cristiani a quella dei polacchi. Questa filosofia interna si riflette già nel titolo stesso mettendo in relazione la frase "Quo Vadis, Domine?" ("Dove vai, Signore?") con quella di "Quo Vadis, Homo?" ("Dove stai andando, uomo?" "Dove stai andando, umanità?"). Le domande chiave poste dall’autore potrebbero quindi essere formulate come segue: dove vogliono andare gli esseri umani senza l’umanità? Dove andremo a finire se dimentichiamo l’aspetto che più di tutti dovrebbe caratterizzarci?
La trama capitolo per capitolo
La storia è basata sulla vita di Licia, membro della famiglia reale dei Lugi, popolazioni della Polonia centro-meridionale, che minacciavano i confini romani; l'imperatore Claudio, per mantenere la pace a Roma, fece un patto con loro, e il loro capo, il quale gli lasciò la moglie e la figlia (Licia o Licia) a garanzia della sua neutralità. Il padre e la famiglia di Licia dunque, partirono alla testa delle sue truppe per combattere contro Vannio un altro capo barbaro. I romani non interferirono nelle lotte delle tribù avendo ottenuto che i confini non sarebbero stati attraversati.
Dopo una serie di battaglie in cui cadde lo stesso re dei Lugi, le loro truppe lasciarono i campi di battaglia e a nessuno importò più della sorte degli ostaggi dati a Roma i quali erano stati affidati alle cure di Palpellio Istro, un generale romano di frontiera.
Il nobile generale romano Aulio Plauzio adottò la fanciulla alla morte della madre e la portò a Roma, dove poi sarebbe cresciuta. Al suo arrivo a Roma fu ricevuta dalla moglie di Plauzio, Pomponia Grecina, che la allevò come sua figlia.
Pomponia Grecina era cristiana, e quindi lo divenne anche Licia, sebbene Plauzio continuasse a credere negli dei pagani.
Il fatto che fosse cristiana rendeva Licia una persona gentile, amorevole e samaritana.
Pomponia Grecina venne poi accusata di essere cristiana da un patrizio romano, processata da un tribunale interno e poi assolta.
Licia viene protetta anche da un altro suo amico di famiglia, appartenente anche lui al popolo dei Lugi, di nome Ursus, che nutre per la fanciullo un grande affetto fraterno. Ursus è perfetto per difendere Licia, poiché, oltre ad avere un'altezza impressionante, possiede una forza enorme.
Dall'altro lato della storia c'è il nobile patrizio romano Petronio, uomo di estrema raffinatezza e che ama giocare con il pericolo. Si vede immerso in un situazioni a volte comiche e critiche allo stesso tempo: è il favorito di Cesare, Nerone, che lo vede come un suo amico, “l'unico che mi capisce e mi sostiene" secondo le sue parole, nello stesso momento in cui Nerone crede di essere grande artista, cantante e musicista; il realtà egli è pessimo in tutto, e anche nel comporre poesie, ma quelli che lo ascoltavano, per paura di essere arrestati e condannati, lo adorano e fingono di dolersi se lui non canta. Solo Petronio si permette di criticarlo e di correggerlo, ma lui non gli ha mai detto in faccia quanto siano orribili i suoi versi o la sua musica. Petronio influenza talmente le decisioni di Nerone, che spesso lo manipola a suo piacimento, ma essendo generoso, non userà mai questo potere per ferire nemmeno il suo peggior nemico, che era Tigellino, prefetto della guardia pretoriana, che voleva essere lui il favorito di Nerone. Petronio veniva soprannominato dal popolo e dai patrizi con il titolo di ""arbiter elegantiarum"" (arbitro di eleganza) per la sua delicatezza e raffinatezza.
Poiché Nerone si crede un dio della musica, chiunque osasse scrivere poesie o cantare meglio di lui rischiava di morire, così come chiunque disprezzasse la sua poesia.
Petronio ha anche un nipote, un nobile patrizio e tribuno romano, Marco Vinicio, uomo forte ma impulsivo.
Capitolo I - Vinicio innamorato
Il nipote di Petronio,Marco Vinicio, appena tornato a Roma dopo una campagna militare contro i Parti condotta da Corbulone, va a trovare suo zio (fratello di sua madre), ricco patrizio e fidato consigliere di Nerone in materia di arte ed eleganza, che, alzatosi come al solito verso mezzogiorno, si sta rilassando nella sua bellissima villa, dopo una festa durata tutta la notte
Segue una conversazione su Barba di rame (Petronio chiama così Nerone, come facevano quasi tutti in privato), riferendosi al suo modo di cantare e alla vanità dell’imperatore, in cui Petronio poi accenna al nome di Aulio Plauzio, e Vinicio gli chiede subito perché abbia nominato proprio quest’ultimo.
Petronio, incuriosito, gli chiede se il giovane conosca il nobile generale romano Plauzio e Vinicio gli racconta che mentre tornava a Roma, (Marco è stato costretto infatti al congedo anticipato a causa di una distorsione al braccio), venne ospitato proprio casa dell'ex tribuno Aulo Plauzio, che lo aiutò ad ottenere cure adeguate, e lì ha avuto modo di conoscere Callina, nota a tutti come Licia (o Licia) perché la ragazza è in realtà una principessa del popolo dei Lugi (un’antica popolazione di quella che oggi è la Poloniacentro-meridionale), data in ostaggio, perché essi si impegnassero a non attraversare il confine romano.
Inizialmente attratto dalla sua bellezza verginea, Vinicio si è trovato presto ad esserne perdutamente innamorato e a chiedere consiglio allo zio Petronio.
Era proprio questo il motivo della sua visita a Petronio: Vinicio confessa a Petronio molto sinceramente di desidera quella ragazza con passione.
Durante la sua permanenza presso la casa di Aulio Plauzio, il giovane aveva avuto modo di parlare con Licia un paio di volte, e in una di quelle occasioni, la fanciulla, accanto alla fontana, ha disegnato un pesce con un bastone nella sabbia.
L'innamorato Marco, ricorda con commozione che, mentre tornava dall'Asia, fece un sogno divinatorio nel tempio di Mopso, che gli annunciava un grande cambiamento nella sua vita determinato appunto dall'amore
I duei uomini si recarono al triclinium (sala dei banchetti, una delle stanze più importanti della casa romana), senza prestare attenzione alla schiava Eunice, segretamente innamorata del suo padrone. Quando la ragazza rimase sola nell'unctuarium (la stanza delle terme adibita ai massaggi e all'unzione del corpo), si avvicina alla statua di Petronio e la bacia.
Capitolo II - La visita a casa di Plauzio
Dopo una colazione tardiva, un pisolino, una passeggiata e l'assunzione di verbena (un'erba calmante), Petronio si sente rinvigorito e pronto a fare visita alla casa di Aulo.
Petronio e Vinicio dunque lasciano la villa del primo per recarsi a casa del vecchio generale Plauzio, viaggiando su di una lettiga portata da enormi schiavi neri,, incontrando lungo le strade rumorose dove si radunano in folla, gli abitanti di Roma, tra cui: britannici, germani, galli, ebrei, egiziani, numidi, greci ed etiopi, ecc.
Attraversando la città, Petronio non presta nemmeno attenzione agli applausi della folla adorante. Tutta questa ammirazione è dovuta al discorso da lui pronunciato davanti a Nerone contro la condanna a morte emessa contro l'intera famiglia (cioè tutti gli schiavi domestici) del prefetto Pedanio Secondo.
Mentre passano nel foro romano, Petronio ferma la lettiga vicino a una libreria e consegna a Vinicio la sua opera "Satyricon" pubblicato senza la sua firma. Avverte il giovane di non rivelare a nessuno che è lui l'autore: non vuole perdere la vita, come altri poeti. Suggerisce anche che, poiché Licia non è una schiava, può vivere con Vinicio di sua spontanea volontà, ma pensa che una ragazza virtuosa non accetterebbe un simile accordo.
Arrivano poi nella casa di Plauzio, rimanendo colpitii dall'insolita pace che vi regna.
È una famiglia "strana", secondo Petronio. Qui gli schiavi non portano catene e sono trattati come membri a pieno titolo della famiglia, i quali mantengono un comportamento morale ineccepibile. Qui c'è amore e armonia.
Petronio ricorda che la padrona di casa, Pomponia Grecina, fu accusata di professare il cristianesimo, e fu addirittura sottoposta a un "tribunale domestico", ma fu assolta.
Giunge il padrone di casa che rimase un po' sorpreso dalla visita dei due uomini. Petronio addusse la scusa di averlo voluto ringraziare per essersi preso cura di Vinicio.
Mentre parlano, gli uomini sentivano le risate del piccolo Aulo e di Licia, una ragazza delicata e pura, colta e gioiosa, che giocano a palla. Tuttavia non rimangono a lungo con loro, perché nel triclinio del giardino siede la moglie di Aulo, Pomponia, per la quale Petronio nutre uno strano rispetto.
Vinicio si allontana assieme a Licia e il piccolo Aulo. Fanno un giro per il giardino e poi si siedono su una panchina. Quando il ragazzo salta in piedi per giocare in riva allo stagno, Vinicio rimasto solo con Licia approfitta del momento e le parla con passione dell'amore, cercando di far capire alla ragazza ciò che egli prova per lei. Licia però non capisce niente, sente soltanto che quel giovane risveglia in lei qualcosa di strano, ma lei è una cristiana, e si tiene a distanza, con modestia. La loro conversazione viene interrotta da Aulo.
Intanto Petronio e Pomponia ammirano il tramonto. Petronio, colpito dalla pace di quella casa, dicee: "Considero nella mia anima quanto sia diverso il tuo mondo dal mondo governato dal nostro Nerone."
Quando Petronio menziona il governo di Nerone, Pomponia lo sorprende confessando che il mondo non è governato da Nerone, ma da Dio.
Prima che Petronio e Vinicio se ne vadano, Petronio chiede quindi a Pomponia Grecina se crede negli dei, e lei risponde che crede in un solo Dio unico, giusto e onnipotente.
Capitolo III - L’idea di Petronio
Sulla via del ritorno gli amici commentano il comportamento di Aulo e della moglie e le usanze della loro casa. Petronio fa un'osservazione sprezzante sulla frase di Pomponia: è sorpreso che Pomponia pianga ancora la morte di sua figlia Giulia, e se crede che il suo Dio sia giusto e onnipotente, la morte di Giulia faceva parte del suo piano, quindi Pomponia sta disonorando il suo Dio piangendo la figlia. Afferma inoltre di apprezzare il fascino di Licia, ma non vede in lei nulla di straordinario, mentre Marco la desidera sempre di più.
Sulla via del ritorno Vinicio confessa di essere pronto a sposare Licia, ma Petronio afferma che sposare una barbara non è una buona idea.
Vinicio è comunque un ragazzo arrogante con una concezione della libertà altrui tipicamente romana, pertanto, dopo essersi innamorato perdutamente di Licia, gli venne in mente di volerla "possedere".
Arrivato a casa di Crisotemide, la sua amante, a Petronio viene improvvisamente un’idea sul come far avere al suo Marco, la tanto desiderata Licia.
Vinicio sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa per ottenere Licia, anche uccidere Pomponia Grecina e Aulio Plauzio, rapirla e persino renderla sua concubina, rendendo evidente la sua crudeltà romana.
Capitolo IV: La consegna di Licia
Un gruppo di pretoriani giunge alla casa di Aulio Plauzio, e il centurione Hasta, a capo di essi, comunica a Plauzio l'ordine di Cesare, il quale era venuto a sapere che nella sua casa si trovava la figlia del re dei Lugi; ringraziando il vecchio Aulo, l’imperatore gli mandava a dire che era giunto ormai il momento di togliersi questo peso, e che era anche preferibile che la fanciulla fosse d’ora in poi posta sotto la protezione diretta dello stesso Cesare Nerone e del Senato.
Ursus, il fedele schiavo della giovane donna, chiede di poterla accompagnare al palazzo reale per proteggerla.
Plauzio, è un militare, non batte ciglio alla richiesta e non versa lacrime, Pomponia Grecina invece, mostra tutta la sua tristezza, abbracciando Licia, mentre la ragazza, allontanandola con delicaezza, se ne va con i pretoriani.
Pomponia scrive poi una lettera ad Atte, ex amante di Nerone e ora convertitasi al cristianesimo ( la stessa fede professata da Ursus, Licia e Pomponia) chiedendole di vegliare sulla figlia adottiva.
Plauzio, è invece risoluto nel voler ottenere la restituzione di Licia, ed è convinto che la responsabilità di tutto questo sia di Petronio, quindi si reca al Palatino nel tentativo di riprendersi la fanciulla.
Capitolo V - La frustrazione di Plauzio
Plauzio non viene ammesso alla presenza di Nerone, decide quindi di passare al palazzo del filosofo Seneca, per chiedergli di perorare la sua causa davanti all’imperatore. Purtroppo il vecchio filosofo non ha più alcuna influenza su Nerone, che anzi lo ha addirittura allontanato dalla corte. Seneca sconsiglia anche Aulo di non tornare più dall’imperatore a chiedere la liberazione di Licia, per timore che il sovrano alla fine tenesse la ragazza per se stesso per dispetto.
Per cui l’unica cosa che può fare è deprecare il vile atto perpetrato da Petronio e non mancare di farglielo presente con queste parole: "La tua azione è degna di un liberatore."
Fallito anche questo tentativo, Plauzio affronta a casa di PetronioMarco Vinicio e gli rinfaccia aspramente il rapimento della figlia Licia. Il giovane, confuso e ignaro di tutta questa vicenda, promette di liberare o vendicare la ragazza, e dall’espressione suo volto, Aulo capisce che il giovane non è coinvolto nel ratto.
Vinicio si precipita freneticamente alla villa dello zio, non sapendo però del suo piano. Più tardi, Plauzio viene informato via lettera dallo stesso Vinicio che la decisione di portare a palazzo la ragazza è stata proprio presa da Nerone Cesare, quindi egli non potrà più far fede alle sue promesse di liberarla.
Capitolo VI - Il confronto fra Vinicio e Petronio
Marco Vinicio si scaglia con rabbia contro lo zio, che riesce comunque a difendersi bene. Il giovane accusa Petronio di aver rapito Licia perché la desiderava per sé o per regalarla a Nerone.
Petronio respinge le accuse del nipote e gli ricorda che proprio lui aveva chiesto il suo aiuto per prendere Licia, o, più specificamente, per rapirla, e che se Petronio non lo avesse aiutato Vinicio avrebbe agito per proprio conto.
Petronio invece ha giocato d’astuzia: egli gode del favore di Cesare, e ha chiesto a Nerone di portare la ragazza al Palatino, dove si svolgerà una festa alla quale parteciperanno anche lui e Vinicio. Il ragazzo avrebbe ordinato poi ordinare ai suoi schiavi di portarla a casa sua, decorata magnificamente apposta per l'arrivo di Licia, e avrebbe quindi attirarato la fanciulla "con mezzi leali”, poiché Licia era una sorta di proprietà.
Per assicurarsi che non Nerone non si interessasse alla fanciulla, gliel’ha descritta come indegna dell'occhio di un vero intenditore di bellezza.
Capitolo VII - Il party imperiale
Licia viene affidata alle cure di Atte, la donna di cui tempo Nerone era innamorato, e che stava quasi per sposare; ma alla fine Nerone si stancò anche di lei, perché si era di nuovo innamorato, e questa volta della malvagia ma bella Poppea Sabina, sposando questa e diventando così il suo terzo marito.
Atte da allora, ha ottenuto il permesso di soggiornare nel Palatino, alloggiando in una delle stanze, ma rimanendo in disparte, sempre innamorata di Nerone, cui sarà fedele fino all'ultimo momento. Atte è così innocua e sottomessa, almeno apparentemente, che Poppea non la considera un pericolo, perciò rimaneva in vita, poiché Poppea aveva invece convinto Cesare a ordinare numerosi omicidi, tra cui quello della prima moglie, per ascendere al titolo di Augusta, e a quello della madre.
Licia si prepara nelle stanze di Atte per la serata di Nerone, durante la quale, la fanciulla resterà vicino ad Atte.
Gli schiavi stanno intanto preparando il sontuoso banchetto per la sera e Licia dovrà presentarsi con il suo abito più bello. Per evitare l'ira immediata di Cesare, la giovane è costretta a mescolarsi con gli spietati cortigiani di Nerone. Licia pensa di avere però degli alleati in Petronio e Marco Vinicio, entrambi presenti alla cena. La ragazza tira un sospiro di sollievo e inizia a prepararsi per il banchetto.
Licia è dapprima piena di gioia davanti alla presenza di Vinicio, credendo che questi userà tutta la sua influenza per tirarla fuori di lì. I due giovani si salutano, poi Licia, fiduciosa e felice di aver ritrovato qualcuno che conosce, che considera un amico, racconta a Marco gli ultimi avvenimenti. Il giovane le mente e dice che non sapeva nulla del suo trasferimento coatto dalla casa di Plauzio. Approfitta anche dell'ingenuità e dell'ignoranza della ragazza sulla natura delle feste di Nerone, le fa i complimenti e spera di sedurre facilmente la giovane e innocente Licia.
Nerone e Poppea, che è venuta solo per sentire cantare il marito, si uniscono agli altri cortigiani, clienti e schiavi dei patrizi aristocratici che arrivano la sera. Petronio è nella cerchia più stretta di Cesare. Il sovrano si esibisce come cantante (in effetti il suo canto non impressiona nessuno, ma tutti gli fanno i complimenti). Poi ha luogo un incontro di lotta.
Licia, vedendo Nerone, prova disgusto e terrore, a causa del suo volto, dai lineamenti crudeli. Poi, la festa entra nel vivo, e la fanciulla si vede con angoscia in mezzo alle ubriachezze e alle orge che si stanno consumando intorno a lei.
Vinicio, che già aveva bevuto, arriva al punto di ubriacarsi completamente, e, in un accesso di rabbia, confessa a Licia di essere stato lui invece a ordinare che lei fosse prelevata dalla sua casa e portata al Palatino.
Nerone osservava i due giovani attraverso il verde smeraldo del suo anello ma Petronio alo distoglie dalla ragazza: "Troppo stretta nei fianchi"
Inebriato e sopraffatto dalla lussuria per Licia, Marco Vinicio tenta di baciarla con la forza e arriva perfino a tentare di ferirla; la giovane, terrorizzata dall'aristocratico e dalle orge in corso in quel momento al banchetto, cerca di fuggire ma viene bolccata. Il fedele schiavo Ursus la soccorre, allontanando Vinicio e portando via la sua protetta da quel festino.
Il vino ha talmente fiaccato Marco al punto da non riuscire a fermarla. Licia è intanto svenuta svenuta tra le orge della festa, e Atte si prende cura di lei
Capitolo VIII - L’angoscia e i propositi di Licia e Ursus
Nonostante le preoccupazioni di Atte, Licia e Ursus decidono di tornare nella loro città natale, dove la giovane potrà essere al sicuro dagli abusi di Vinicio e senza che Nerone possa rivalersi contro Aulo e Pomponia.
Quando la ragazza si è ormai un po' ripresa, dice subito vuole lasciare il palazzo il prima possibile e recarsi a casa di Aulo. Tuttavia, Atte fa sapere a Licia che non può tornare dalla sua vecchia famiglia perché ciò porterà loro la rovina.
Atte allora escogita il seguente piano: poiché è un ostaggio di Cesare, Licia non può lasciare il Palatino, ma quando sarà sulla via del ritorno con gli schiavi di Vinicio, Ursus e un gruppo di cristiani, li affronteranno, rapiranno la fanciulla e la nasconderanno da qualche parte a Roma. Ursus decide quindi di recarsi dal vescovo di Roma, Lino, e chiedere l'assistenza di una squadra di cristiani per salvarla al momento in cui verrà portata a casa di Vinicio.
Capitolo IX - L’incontro con Poppea
Atte conduce Licia nelle sue stanze dove la consola, e apprende che la fanciulla è davvero innamorata di Vinicio, ma dopo aver appreso che è stato proprio lui a portarla al Palatino, il suo cuore non ha potuto resistere e ne è rimasta affranta: non vuole che egli la sposi. Atte ne rimane commossa e tenta di farle cambiare idea ma la la ragazza rimane ferma nel suo proposito.
La mattina dopo, la conduce a passeggiare per i giardini del Palatino, dove siedono a conversare e parlano delle credenze religiose della ragazza. Licia racconta anche del suo grande desiderio di rivedere il paese dei Ligi, la sua patria. È terrorizzata dal volto di Roma che all'improvviso ha conosciuto meglio.
In quel momento vedono avvicinarsi Poppea e si fermano a salutarla. Poppea porta tra le braccia l'augusta neonata, figlia sua e di Nerone, e insieme con lei ci sono le sue dame di compagnia. Poppea si ferma per chiedere chi sia Licia, rimasta colpita dalla sua bellezza, che poteva competere con la propria, visto che Poppea è una delle donne più belle di Roma, se non la più bella.
Apprendendo che ella è ostaggio di Nerone, la donna si turba un poco, perché anche Atte era stata chiamata a palazzo come ostaggio, e Poppea pensa ora che Cesare Nerone abbia messo gli occhi su Licia. Ma quando la stessa Licia le dice che è stato Vinicio a richiederla per mezzo di Petronio. Poppea si tranquilizza, anche se da quel momento in poi avrebbe odiato Licia, e con un sorriso malvagio, in risposta alle preghiere della fanciulla di intercedere per la sua liberzione, le dice invece che avrebbe fatto in modo proprio che finisse schiava di Vinicio. Quando Poppea si è allontanata di pochi metri, la sua bambina comincia però a piangere.
Capitolo X - La fuga
Durante la notte, Licia viaggia sulla lettiga condotta dagli schiavi di Vinicio, tra le strade affollate. È difficile attraversarle, c'è rumore e trambusto. All'improvviso scoppia ancora più confusione: Ursus e i cristiani che lo accompagnano, sono venuti a riprendersi la ragazza con la forza, ma nel bel mezzo della lotta, Ursus uccide accidentalmente uno degli schiavi di Vinicio, il liberto Atacino.
Ursus è molto credente, ma il fatto di aver ucciso, di aver peccato, lo tormenterà ad ogni istante.
Vinicio, che ha intanto preparato e decorato la casa, sta aspettando Licia in compagnia di Petronio e della sua amante Crisotemide che lo deridono per la sua impazienza.
Quando arrivano gli schiavi, nessuno di loro ha il coraggio di entrare per dare la notizia a Vinicio, finché uno di loro non rompe gli indugi. Quando Vinicio viene a sapere tutto, si arrabbia talmente che uccide il suo servo, il vecchio Gul, colpendolo alla testa con un candeliere.
In seguito se ne sarebbe pentito, perché quello schiavo lo aveva portato in braccio sin quando era appena un bambino.
Tuttavia, pieno ancora di rabbia, condanna tutti gli altri alla flagellazione e poi li fa chiudere in prigione: Per la prima volta nella sua vita, egli sente che qualcuno ha osato opporsi ai desideri di giovane patrizio.
Quindi parte alla ricerca di Licia, a qualunque costo.
Capitolo XI - L’accusa di malocchio
Sta scendendo la notte. Vinicio, arrabbiato e disperato, vaga per i vicoli di Roma. Non vuole fare i conti con la perdita di Licia. Ha paura che Cesare sia l'autore del rapimento e, se è così, non rivedrà mai più Licia
Convinto quindi che Nerone sia il responsabile del rapimento di Licia, si reca al palazzo imperiale il mattino seguente. Quando chiede ad Atte di lei, la donna gli risponde che Nerone è rimasto in casa la notte precedente per stare accanto alla piccola Augusta che sta morendo.
Poppea pensa che Licia abbia lancianto un incantesimo contro sua figlia, e dunque Atte pensa che sarebbe meglio per la ragazza che nessuno scopra mai dove si trova.
L'augusta fanciulla si era ammalata gravemente e Nerone e tutta Roma pregavano per la sua pronta guarigione, ma Poppea incolpava Licia di aver lanciato un incantesimo contro sua figlia, perché quando le passò accanto nei giardini, la bambina cominciò a piangere, fatto testimoniato anche dalle sue dame di compagnia.
Questa accusa metteva gravemente in pericolo Licia, che sicuramente sarebbe stata mandata a morte.
Se la principessa si salva, nessuno darà credito a tutte queste maldicenze, ma se la bambina muore, l'imperatrice darà la caccia a Licia dovunque.
Le rivelazioni di Atte.
Atte dice a Vinicio di non sapere dove si trovi Licia, ma lo affronta dicendogli che Licia lo ama davvero e che lui le ha spezzato il cuore costringendola ad assistere alle orge che vengono organizzate sul Palatino.
La ragazza è onesta, innocente e nobile, con il sangue reale che scorre nelle sue vene, non accetterà mai di diventare la sua amante. Atte menziona anche a Vinicio il fatto che Licia è cristiana
Vinicio è molto felice di sapere che la fanciulla ricambia il suo sentimento, ma, mentre lascia il Palatino, si sente umiliato dalle parole di Atte e comincia a sentirsi anche immensamente in colpa: se non avesse strappato Licia dalla sua casa, ella non avrebbe sofferto, e ora che sapeva che lei lo amava, pensava di aver rovinato tutto facendo del male a Licia in quel modo, e giungendo alla seguente conclusione: l'aveva persa irrimediabilmente.
Marco lasciando allora il palazzo imperiale, incontra Petronio, che ha ordinato ai suoi servi di sorvegliare tutte le porte della città, fornendo loro la descrizione di Licia, nel caso la potessero riconoscere e, in quel caso, mentre uno segue la ragazza, l’altro deve avvisare Vinicio.
Petronio è certo che né Nerone né Aulo o Pomponia possano essere i responsabili del rapimento. Anche se Nerone, era solito andare in giro per Roma con un gruppo di pretoriani per razziare lettighe o cortei per divertimento, e chiunque vi si opponesse e lottasse, finiva per morire.
Capitolo XII - Gli eventi precipitano
Petronio conforta il nipote dicendo che non è possibile che la ragazza abbia lasciato Roma, e che sicuramente si nasconde con i suoi correligionari nei quartieri poveri ma anche questo rende difficile la sua ricerca. Petronio e Vinicio sospettano che Licia sia stata liberata dagli schiavi di Aulio Plauzio, comunque estraneo ai fatti (infatti Pomponia tempo addietro era stata accusata di essere una cristiana e parecchi schiavi che erano presso di lei, come lo stesso Ursus, professavano quella fede).
Dapprima Vinicio ha l'idea, una volta ritrovata la fanciulla, di restituirla a Pomponia Grecina, poiché fu lui a chiedere che la portassero a palazzo, ma avviene un fatto che sconvolge tutto: dopo pochi giorni di agonia infatti, Augusta, la piccola erede di Nerone e Poppea è morta e il pericolo per Licia è ora davvero imminente.
Vinicio non si perdona di averla sotratta dalla sua casa, di averla costretta a fuggire, di averla anche costretta a partecipare ad una festa così indegna di lei, e pensa che se invece l'avesse lasciata sola, forse l'avrebbe conquistata davvero.
Petronio, provando pietà per i tormenti di suo nipote, è pronto a regalargli la sua bellissima schiava, la greca Eunice (o Eunica) dai capelli dorati ma Vinicio rifiuta, andando invece alla ricerca di Licia.
Petronio ordina che la schiava sia condotta in casa del nipote comunque, ma Eunice lo supplica così appassionatamente di non mandarla via di casa che Petronio ne rimane colpito. La sua devozione gli tocca il cuore, tuttavia la punisce con la fustigazione (25 vergate) per aver implorato Petronio di tenerla con sé ed per essersi opposta ad un suo ordine.
Capitolo XIII - Chilone Chilonide
Per trovare Licia a Roma è necessario introdurre una spia nel luogo in cui viveva, ed è proprio la schiava Eunice, venuta a sapere della situazione di Licia, a consigliare al suo padrone di assumere un vecchio filosofo, in realtà un ubriacone, un truffatore, una spia e un informatore a lei noto.
Vinicio e Petronio attendono nella casa di quest'ultimo, finché non ricevono la visita di questo personaggio, che si presenta con un aspetto davvero orribile: non è un vecchio ma appare come tale, è brutto, indossa orribili stracci addosso e ha due dita mancanti in una mano; quando lo si vede per la prima volta pare che sia gobbo. Si mostra davvero come un essere ripugnante.
Si chiama Chilone Chilonide, questo dice è il suo nome, si comporta tuttavia con Petronio e Vinicio in modi molto lusinghieri e dice loro che è perfettamente in grado di intrufolarsi tra i correligionari di Licia e trovarla. Insomma, sembra essere qualcosa a metà strada tra una scimmia e una volpe.
Petronio lo interroga a lungo su vari argomenti: sulla sua esperienza, sulle origini, ma anche su Eunice.
Per cercare di convincere i suoi nuovi capi della sua onestà, l’uomo racconta loro la storia che al suo arrivo a Napoli incontrò un medico di nome Glauco, il quale si stava recando anche lui a Roma, ma durante il viaggio questi lo avrebbe fatto aggredire da dei crminali che gli rapirono poi tutta la famiglia per renderla in schiavitù. Chilone dice di aver lottato per difendersi, perdendo le due dita; picchiato e malmenato, lui è riuscito a salvarsi mentre Glauco è morto nella lotta.
Dimostra anche la sua astuzia e arguzia quando assicura loro che Aulo Plauzio non può aver rapito Licia, aggiungendo anche che Licia venera la stessa divinità di Pomponia Grecina, dopo aver appreso che la ragazza ha disegnato un pesce sulla sabbia davanti a Vinicio.
Tornato una settimana dopo, una lunga attesa per Vinicio che voleva avere presto notizie, Chilone riferisce loro le notizie raccolte in una locanda della Suburra: egli sospetta che Licia sia cristiana, dato che il pesce che ha disegnato sulla sabbia per Vinicio è il simbolo dei cristiani. Chilone ha trascorso tutta la settimana cercando di confondersi tra loro.
Vinicio si arrabbia con lui dicendo che Licia non può praticare un culto così selvaggio (a Roma i cristiani erano ritenuti nemici dell'umanità; si diceva che uccidessero i bambini, bevessero il loro sangue e adorassero la testa di un asino, tutte menzogne in realtà) e così Vinicio si rifiuta di credere alle parole di Chilone.
Capitolo XIV - I funerali di Augusta
Nerone piange la morte della principessa Augusta e ordina che venga divinizzata e che venga costruito un tempio in suo onore, con tanto di sacerdoti specializzati nel suo culto.
L'imperatore, che condivide con la moglie la convinzione della colpevolezza di Licia, alla vista di Petronio gli scaglia contro una serie di maledizioni. Ma grazie alla sua abilità oratoria, il patrizio sarcastico dissipa rapidamente i sospettosi e azzardati pensieri dell’imperatore, suggerendogli invece di recarsi in Grecia per consolarsi rifugiandosi nell’arte lirica.
Chilone torna da Vinicio qualche giorno dopo, gli rivelai il significato del simbolo del pesce: le lettere della parola greca (ichthùs, cioè "pesce") non sono altro che l'acronimo di Iesoùs Christs Theoù Uis Sotèr ("Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore"), dimostrando che la ragazza è appunto cristiana, come diceva lui e che i suoi compagni di fede la stanno aiutando a fuggire.
Chilone ha convinto un gruppo di cristiani di essere uno dei loro presbiteri e che riuscirà presto a trovare Licia.
Le avventure di Chilone
Chilone insomma non ha perso tempo; non solo di essersi mescolato tra i cristiani, ma si è fatto cristiano pure lui per trovare Licia, deducendo che essa si nascondesse tra loro.
Chilone ha infatti incontrato un cristiano che gli è stato molto utile, ecco la sua storia:
Chilone stava passeggiando per gli angoli di Roma quando si imbattè in un vecchio schiavo che attingeva acqua con un secchio da una fontana e che allo stesso tempo piangeva. Gli si avvicinò e gli chiese perché stesse piangendo, ed quello gli spiegò che aveva passato tutta la vita a raccogliere sesterzi per ottenere il denaro necessario per il riscatto del figlio ridotto in schiavitù, e che il suo padrone, un certo Pansa, si era tenuto il denaro datogli, ma non voleva liberarlo.
Mentre il poveretto pronunciava il nome di Cristo, Chilone pensò di disegnare un pesce sulla sabbia e il vecchio, identificando il segno, lo riconobbe come correligionario. Il figlio del vecchio è appunto uno schiavo di Pansa, un uomo incaricato di trasportare pietre attraverso il Tevere fino a Roma. Il figlio di questo vecchio non è abbastanza forte per sopportare il duro lavoro a cui è costretto, e così ha raccolto i soldi per riscattarlo, ma Pansa ha preferito tenere per sé sia il denaro che lo schiavo.
Approfittando del fatto che il vecchio, di nome Euricio, poteva dargli delle informazioni, Chilone gli chiese dove si incontravano i cristiani per le loro pratiche.
Chilone racconta che la sua gioia era tale per essere riuscito a trovare un cristiano, che, in preda ad un suo consueto entusiasmo di generosità, gli ha promesso di dargli il denaro necessario per liberare il figlio. Vinicio tuttavia ha qualche dubbio circa il racconto del lestofante.
Viene comunque stabilito quanto segue: uno schiavo di Vinicio avrebbe accompagnato Chilone con il denaro per liberare il figlio di Euricio, ma questo schiavo avrebbe fatto in modo che non fosse Chilone stesso a tenerlo.
Capitolo XV - Lo scambio epistolare tra Petronio e Vinicio
Mentre Chilone continua le sue indagini e Vinicio è alla ricerca disperata di notizie sulla Licia,Petronio gli scrive da Anzio, dove si è recarto come parte del seguito di Nerone, essendo Petronio indispensabile per Nerone, in quanto suo consigliere musicale. Nerone ha seguito l'idea dello stesso Petronio di esibirsi e cantare in varie città romane, poiché, come sappiamo, ritiene di essere il più grande musicista.
Vinicio gli risponde raccontandogli le notizie ricevute da Chilone. Licia si trova ancora a Roma e sarà presente ad una riunione, insieme ad altri cristiani nella quale predicherà uno degli apostoli di Gesù, quello che chiamano il Pescatore.
Capitolo XVI - Ricompare Glauco
Chilone introduce Vinicio ai costumi dei cristiani. Inoltre parla costantemente di quel certo Glauco, quello che l'aveva tradito vendendo sua moglie e i suoi figli e che ora lo cerca per ucciderlo. Infatti questi non è morto come egli credeva, ma si trova ora proprio fra i cristiani, e la cosa gli fa sempre più paura. Alla fine, chiede altri soldi a Vinicio per assumere un assassino per uccidere Glauco. Fatto ciò potrà condurre Marco dalla sua amata senza problemi.
Capitolo XVII - L’inganno di Chilone
L'astuto greco è alla ricerca di un uomo adatto a uccidere Glauco. Incontra Urbano (che in realtà si tratta di Ursus che ha cambiato nome dopo esser stato battezzato) un operaio al mulino, al quale che Glauco è in realtà un persecutore dei cristiani che vuole inoltre consegnare Licia a Marco Vinicio. L'ira di Ligo si accende, ma viene spenta dal ricordo del comandamento "Non uccidere" e del crimine commesso uccidendo Atacino, di cui ancora si rammarica. Alla fine, però, Ursus cede e accetta di uccidere Glauco per il bene dell'intera comunità cristiana.
Chilone gli promette che il vescovo Lino e Pietro, l’apostolo lo perdoneranno per il suo nuovo assassinio.
Capitolo XVIII - Nuove lettere da Petronio
In una lettera a Vinicio, Petronio descrive i suoi viaggi con Nerone.
Capitolo XIX - Il nuovo piano per rapire Licia
Chilone porta a Vinicio notizie dell'incontro serale dei cristiani a Ostriano. Marco è pieno di grande gioia perché finalmente vedrà Licia. Ordina al greco di accompagnarlo nel viaggio. Decide di portare con sé Crotone, famoso atleta e uomo estremamente forte. Ha intenzione di rapire Licia con il suo aiuto.
Capitolo XX - La predica di San Pietro
Vinicio viene a un incontro di cristiani. Ascolta il sermone di San Pietro e comincia a comprendere il comportamento di Licia, apprende anche il vero carattere dei cristiani e i loro insegnamenti.
Marco è molto sorpreso dal discorso dell'apostolo Pietro, che ordina di rinunciare al lusso e ai piaceri, di sopportare pazientemente l'ingiustizia, di perdonare i nemici, di "ripagarli con il bene per il male e amarli". Pietro parla anche della necessità di dare il buon esempio ai gentili.
Questi insegnamenti non si adattano alla mente di Marco, che sente che non potrà mai possedere veramente Licia. All'improvviso capisce che c'è un profondo abisso tra loro. Nel frattempo, San Pietro racconta episodi della vita di Cristo. Gli ascoltatori sono immersi nella lode e nella preghiera.
Capitolo XXI - Licia seguita fino a casa
Chilone riconosce Licia e la indica a Vinicio, che riesce a malapena a contenere la sua emozione. Dopo l'incontro, seguono la ragazza. Raggiungono la casa dove ella vive e Vinicio decide di entrare per primo.
Capitolo XXII - La lotta fra Crotone e Ursus
Insieme a Crotone attraversano tortuosi corridoi per ritrovarsi in un piccolo cortile. Qui Vinicio nota Ursus che chiede loro perché siano venuti. In risposta, Vinicio lancia un breve grido "Uccidi!" a Crotone e senza voltarsi, corre verso una porta vicina. Là corre verso Licia, che è muta dal terrore. Marco l'afferra forte e quasi nello stesso istante sente la presa ferrea delle mani di Ursus. Nel suo ultimo istante di coscienza, sente il grido terrorizzato di Licia: "Non uccidere!" .
Intanto, nascosto all'ingresso della casa, Chilone, preoccupato per la lunga assenza di Crotone e Vinicio, fugge. Pochi giorni dopo incontra Ursus, che lo informa che Vinicio lo sta cercando.
Capitolo XXIII - Vinicio fra i cristiani
Vinicio, che è rimasto con un braccio rotto nello scontro con Ursus, il quale nella zuffa ha ucciso anche Crotone, che lo stava attaccando.
Ora Vinicio è sotto le cure e la protezione dei Cristiani e di Licia, ma gli altri hanno intenzione di lasciare la casa perché non si fidano di Vinicio e perché temono di venire accusati della morte di Crotone, ma Marco assicura tutti che non succederà niente di male a nessuno e chiede loro di restare. Ha paura che se Licia se ne va, non riuscirà mai più a ritrovarla.
Capitolo XXIV - Glauco perdona Chilone
Marco chiede a Ursus di trovare Chilone. Gli viene ordinato di informare i servi che ha lasciato Roma e di non rivelare a nessuno dove si trovi. Chilone viene riconosciuto da Glauco, che però perdona il suo nemico.
Questo evento sorprende molto Vinicio, il quale giunge alla conclusione che la nuova dottrina abbia un potere straordinario. Trasforma completamente le anime umane e ordina loro di smettere di vendicarsi per i torti subiti. Arriva a credere che ci sia qualcosa in questa religione che non è mai esistito prima al mondo.
Ursus condue Chilone in strada.
Capitolo XXV - I cambiamenti di Marco
Vinicio si avvicina ai cristiani. È colpito dalla dignità, dalla gentilezza e dall'amore che dimostrano ad ogni momento. Sente la loro grandezza. Comincia anche a provare un amore vero, sincero e profondo per Licia.
Capitolo XXVI - Il conflitto interiore
Vinicio diventa amico di Ursus. Ammira la sua forza, la sua gentilezza e la sua devozione verso Licia. Allo stesso tempo, non riesce a comprendere l'essenza della fede cristiana. C'è una battaglia in corso nella sua anima tra le sue vecchie credenze pagane e la nuova conoscenza ed esperienza.
Capitolo XXVII - La visita di Pietro e Paolo
Licia è sempre più innamorata di Marco. Ciò le provoca ansia, cosa che confida a Crispo che rimprovera severamente i suoi sentimenti, il che fa piangere la ragazza. Per fortuna stanno arrivando Pietro e Paolo. Pietro conforta Licia e loda il suo sentimento puro e sincero, e Paolo promette di convertire Vinicio alla fede cristiana.
Capitolo XXVIII - Marco ritrova la serenità
Licia esce di nascosto dalla casa dove alloggia Vinicio e gli lascia una croce. Marco sente la sua mancanza e avverte una trasformazione interiore. È amareggiato dal fatto che la sua amata lo abbia lasciato così all'improvviso e senza preavviso. È felice di parlare con Glauco. Vuole davvero vedere Paolo di Tarso. Spera di imparare qualcosa su Licia da lui. Allo stesso tempo, le conversazioni con i cristiani lo rasserenano e lo rendono felice.
Capitolo XXIX - L’amore fra Petronio ed Eunice
Per conquistare Licia, Vinicio pensa di abbracciare la fede cristiana, ma Glauco lo avverte che questo non gli garantirà l'amore di lei. Il giovane cerca di dimenticare la sua amata, abbandonandosi tra le altre, tra le braccia di Crisostemide, ma fallisce. Dopo essere tornato a Roma alla corte di Nerone, Petronio nota un cambiamento nel nipote e non capisce i suoi dilemmi. Dopo aver licenziato lo stesso Crisostemide, fa di Eunice la sua nuova amante.
È felice con quest’ultima, con la quale condivide un grande amore. Sono infinitamente devoti l'uno all'altro. Il solitario Vinicio non riesce a trovare un posto per sé. Licia gli manca e soffre. Pensa sempre più come un cristiano.
Capitolo XXX - Le insane idee di Nerone
Nerone si annoia a Roma. Pochi giorni dopo il ritorno da Anzio, decide di recarsi con la corte in Acaia. Durante una delle sue conversazioni con i suoi consiglieri, l'imperatore pronuncia parole inquietanti: "Oh, se un terremoto distruggesse Roma, se un dio arrabbiato la rase al suolo ..." . Petronio tenta invano di dissuadere Vinicio dall'amare Licia.
Capitolo XXXI - La svolta di Marco
C'è una grande festa alle Terme di Agrippa. Il suo splendore supera lo splendore di tutte le feste organizzate finora. Anche Vinicio sprofonda nel divertimento e nell'oblio. All'improvviso nota una delle donne vestite da ninfe, una delle quali gli ricorda Licia.
Il desiderio di Marco risuona, solo per un momento, sommesso. Vinicio infatti non riesce più a trovare il suo posto nella dissolutezza dilagante intorno a lui e rifiuta la donna velata che cerca di sedurlo, sostenendo di amare un'altra donna. Lascia la festa.
Secondo Petronio questa donna era Poppea, che si vendicherà a causa del suo orgoglio ferito. Vinicio confessa di essere stufo di Roma, della sua dissolutezza, dei suoi eccessi e delle sue feste, e quando Petronio gli chiede se è diventato cristiano, risponde che non lo sa ancora. Sembra però che abbia già deciso: In lui sta morendo un pagano e sta nascendo un cristiano.
Capitolo XXXII - La punizione di Chilone
Petronio vuole allontanare Vinicio da Roma e mandarlo lontano da Poppea, ma arriva l'invito di Cesare ad andare ad Anzio e il giovane non può rifiutare.
Vinicio incontra Chilone. Chiede al greco di portarlo da Licia. Lo informa che ha preparato un'imboscata ai cristiani. Tutto ciò che Vinicio deve fare è usare i suoi schiavi e potrà possedere Licia quella stessa notte. Marco si arrabbia di nuovo. Ordina che Chilone venga fustigato e poi che questi lo conduca da Licia promettendo poi di non seguirla più. Si scopre che la ragazza è a casa di Lino. Chilone giura vendetta sul giovane patrizio.
Capitolo XXXIII - Il fidanzamento fra Licia e Marco
Marco arriva a casa di Miriam, una cristiana, dove incontra Pietro, Paolo, Glauco e Crispo. Vinicio rivela loro tutti i suoi sentimenti e i suoi dilemmi interiori. Egli supplica: “Illuminami!” . Chiede il battesimo. Licia, portata nel luogo da Miriam, arriva presto. Entrambi confessano il loro amore reciproco davanti a testimoni, e Pietro li benedice con le parole: "Amatevi gli uni gli altri nel Signore e per la sua gloria ..." . Poiché il giovane deve andare con Nerone ad Anzio, Paolo promette di andare con lui e di insegnargli lì la nuova fede.
Capitolo XXXIV - Momenti d’amore
Licia e Vinicio si raccontano gli ultimi avvenimenti. Sono molto felici e Marco sente per la prima volta la vera pace e gioia.
Capitolo XXXV - Marco cambia vita
Durante un incontro con Petronio, Marco gli rivela di essersi fidanzato con Licia. Vinicio cambia le usanze in casa sua. Dà la libertà agli schiavi che lo hanno servito per oltre vent'anni. Dona soldi agli altri, perdona le loro punizioni e ordina loro di rimuovere le catene dalle mani e dai piedi degli schiavi. In questo modo prepara la sua casa per l'accoglienza di Licia. Anche Petronio deve tornare ad Anzio con Nerone.
Capitolo XXXVI - Sinistri presagi
Nerone lascia Roma. Sembra minaccioso e spaventoso. La folla lo saluta. Si sentono grida poco lusinghiere contro di lui e Poppea. Si possono distinguere chiaramente le parole: “Dove porti la tua barba infuocata ? Hai paura che Roma bruci per questo ?” .
Licia saluta Marco, ritornando a casa con Pietro. Lungo la strada i due guardano Roma, che sotto i raggi del sole al tramonto sembra in fiamme. Pietro dice: "L'ira di Dio è su di essa" .
Capitoli XXXVII, XXXVIII - Le lettere di Marco e Licia
Mentre è ad Anzio,Vinicio scrive lettere d'amore a Licia, in cui descrive anche le sue avventure durante il viaggio, e le scrive anche della sua crescente fede per Cristo. Marco confida poi a Petronio che teme per la sua sicurezza. Nerone vuole scrivere una poesia sull'incendio di Troia e Vinicio afferma che Cesare, con il suo talento, potrebbe scrivere qualcosa di più vero e più bello.
Capitolo XXXIX - Momenti felici e nubi all’orizzonte
Marco lascia il seguito di Cesare e torna a Roma per vedere la sua amata. Vivono momenti di tranquilla felicità. Fanno progetti per il futuro e confessano i loro sentimenti l'uno per l'altro. Uno dei loro incontri è accompagnato dai minacciosi ruggiti dei leoni. Vinicio calma Licia, ma la ragazza ha brutti presentimenti.
Capitolo XL - Progetti inquietanti
Nel frattempo Nerone si dedica alla sua creatività ad Anzio. Il suo preferito è sempre Petronio, un'autorità in materia d'arte. Un giorno ha luogo una conversazione pericolosa tra Nerone, Petronio e Tigellino: Nerone si lamenta di non aver mai visto una città in fiamme, quindi non può creare opere come Omero, che fu testimone dell'incendio di Troia. Tigellino, il fido capo delle sue guardie, si offre di bruciare Anzio e più tardi, in una conversazione confidenziale con Nerone, probabilmente si impegna a bruciare Roma.
Petronio ascolta le confidenze di Marco sulla sua felicità con Licia.
Capitolo XLI - L’incendio di Roma
Nerone è ancora impegnato nell'arte, nel canto, nella composizione di musica e poesia. Petronio approfitta del buon umore di Cesare e un giorno gli racconta del grande amore di Marco per Licia. Nerone ordina a Marco di tornare a Roma e di sposare la sua amata.
Pochi istanti dopo, un messaggero porta la notizia del grande incendio di Roma. Nerone alza le mani al cielo in un gesto teatrale e grida: "Guai a te, città santa di Priamo! ..."
Capitolo XLII - Marco corre da Licia
Vinicio cade in una disperazione estrema. Prende dei cavalli e galoppa verso Roma. Tutto quello che può fare è sperare di salvare miracolosamente Licia. È terrorizzato alla vista del mare di fiamme. Vaga per le strade tra le rovine, chiedendo alle persone che incontra sulla sorte degli abitanti di Trastevere.
Capitolo XLIII - La ricerca continua
Marco ha difficoltà a raggiungere il centro della città, ma alla fine raggiunge la casa di Lino, dove viveva Licia. Lì incontra Chilone, che gli dice che Licia e Lino sono sull'Ostriano.
Capitolo XLIV - Roma brucia
La città sta bruciando. Nelle strade si svolgono scene dantesche. Le persone, nella follia, si gettano nelle fiamme. Dai recinti degli animali si sentono ruggiti disperati. I leoni liberi corrono fuori con le criniere in fiamme. Roma brucia completamente, "la città miserabile si trasforma in un inferno" .
Capitolo XLV - L’incontro con Pietro
Vinicio e Chilone stanno ancora cercando Licia. Chilone scopre un luogo dove si incontrano i cristiani. Si reca lì con Vinicio, che nota Pietro tra la folla. Chiede aiuto all'apostolo per ritrovare la sua amata.
Capitolo XLVI - Il ritorno dell’imperatore
La portata del disastro che ha colpito Roma è enorme. Centinaia di migliaia di persone hanno perso i loro beni, ricche ville patrizie e poveri appartamenti sono ugualmente finiti bruciati e molte preziose opere d'arte e monumenti architettonici sono stati distrutti. Il popolo comincia ad assumere un atteggiamento sempre più ostile nei confronti dell'imperatore. Le persone colpite dall'incendio soffrono la fame. Tigellino arriva in città e raccoglie cibo. La gente lotta per il pane. Nerone torna a Roma. Ritorna quando l’incendio ormai è al massimo.
Capitolo XLVII - “Panem et circenses!”
Nerone osserva il fuoco. Come un attore sotto i riflettori, il sovrano, vestito di viola, con il liuto in mano e un'espressione ispirata sul volto, guarda le fiamme, che per lui sono divertimento e per migliaia di romani segno della tragedia della vita. Ben presto il popolo si rende conto della situazione: "nessuno dubitava più che Cesare avesse ordinato di bruciare la città a per creare il suo spettacolo e intonare canzoni." C’è una crescente agitazione. La folla viene calmata solo da Petronio, che promette la ricostruzione di Roma, grandi ricchezze e nuovi giochi. Le sue promesse sono accompagnate dal grido "Panem et circenses!" (pane e giochi del circo).
Capitolo XLVIII - Il battesimo di Vinicio
Vinicio ritrova finalmente Licia, e con lei Ursus, Lino e altri cristiani. Non nasconde il fatto che è stato Nerone a ordinare l'incendio di Roma. Chiede ai cristiani di accompagnarlo nella sua tenuta. Confessa la sua fede per Cristo e per tutti gli uomini, ed è sopraffatto dall'euforia. In un momento simile, S. Pietro lo battezza.
Capitolo XLIX - I cristiani vengono accusati dell’incendio
Dopo sei giorni, il fuoco si indebolisce. Dei quattordici quartieri di Roma ne restano solo quattro. Il resto è bruciato completamente. Nonostante il cibo che i romani ricevono dall'imperatore, in città c'è tensione. Il popolo perde gli ultimi resti di fiducia nel proprio sovrano.
Nel frattempo, a palazzo si tiene un incontro su come scagionare Nerone dall'accusa di aver incendiato Roma.
Nerone inizialmente vuole sacrificare Tigellino, ma questi risponde di aver bruciato la città su suo ordine e minaccia anche una ribellione dei pretoriani e avanza l'idea di incolpare i cristiani della distruzione della città.
Petronio, temendo per Licia e Vinicio, suggerisce invece a Nerone di confessare un atto che nessun altro uomo avrebbe potuto commettere. A Cesare questa idea non piace per niente e Petronio, consigliere precedentemente fidato, perde all’improvviso il favore dell'imperatore. La decisione finale viene presa: condannare i cristiani.
Capitolo L - Liste di proscrizione
Tigelino conduce al cospetto dell’imperatore, Chilone, il quale conferma falsamente la colpevolezza dei cristiani, facendo sì che il traditore diventi subito un personaggio importante.
Chilone racconta a Nerone una storia sulla sorte di Marco e Licia. Dice all'imperatore che sono entrambi cristiani. Afferma che sarà facile convincere la gente della colpevolezza dei cristiani, perché da tempo essi minacciano la città con il fuoco dell'inferno. Inoltre, sono considerati nemici delle persone, cattivi e criminali.
Poppea, che una volta non è riuscita a sedurre Vinicio, vuole vendetta. Cerca di convincere Nerone ad arrestare anche ricchi seguaci di Cristo come Vinicio e Pomponia Grecina. Tuttavia, sostiene che il loro turno arriverà più tardi.
Nerone incontra sacerdoti ebrei vicini a Poppea, che dipingono i cristiani come nemici dell'umanità. Chilone, che viene portato lì, attesta le loro parole e, in rappresaglia per la fustigazione, dice che anche Vinicio, Licia e Pomponia Grecina professano questa fede. Mostra anche alle guardie dove si trova la ragazza, cosa per cui viene generosamente ricompensato.
Capitolo LI - Licia prigioniera
Petronio sa che i suoi giorni sono contati. Prima o poi l'imperatore gli manderà un messaggero con l'ordine di suicidarsi. Ordina a Vinicio, che vive con lui, di trovare Licia e nasconderla. Racconta a Eunice dell'imminente separazione e dell'editto secondo il quale inizierà la persecuzione dei cristiani.
C'è una caccia ai cristiani in tutta Roma, e il popolo applaude, chiedendo per loro la morte.
Nel pomeriggio Petronio riceve una lettera da Nerone in cui l'imperatore lo invita a un banchetto. La sera parla con Vinicio, si scopre che Licia è stata imprigionata prima di mezzogiorno e rinchiusa nel carcere Mamertino. Ci vanno insieme. Vinicio entra e va da Licia mentree Petronio decide di recarsi da Atte e cercare informazioni.
Capitolo LII - L’angoscia di Marco
Vinicio vuole difendere la sua amata a tutti i costi. Considera anche l'idea di chiederlo a Nerone stesso. Petronio lo sconsiglia.
I tentativi di ottenere misericordia da Cesare e Poppea per Licia falliscono. Vinicio corrompe le guardie per dare a Licia una sua cella.
Capitolo LIII - La preghiera
Il giovane soffre incredibilmente e progetta di morire con la sua amata, ma quando si rivolge all'apostolo Pietro per chiedere consiglio, la preghiera e la fede gli portano conforto.
A Vinicio non resta che la preghiera. Sa che solo un miracolo può salvare Licia. È pronto a sacrificare la propria vita per lei.
Capitolo LIV - L’incontro con Chilone
Marco incontra Chilonide, che probabilmente è colui che ha tradito Licia consegnandola ai pretoriani. Vinicio soffre, ma non si arrabbia né cerca vendetta.
Quando il figlio di Poppea, Rufio, si addormenta mentre Nerone recita poesie, Nerone gli lancia una coppa in preda alla rabbia, il che significa che i giorni del ragazzo sono contati.
Petronio suggerisce a Poppea che questa sia la vendetta del Dio cristiano, quindi dovrebbe liberare Licia. Tuttavia, quando Rufio viene strangolato per ordine di Cesare, la sconvolta Poppea non intraprende ulteriori azioni.
Capitolo LV - La dura prigionia
Licia si ammala. Vinicio e Petronio tentano di liberarla, ma purtroppo ogni metodo fallisce.
Capitolo LVI - I martiri cristiani nel circo
Si svolgono giochi , il cui culmine è la resa dei cristiani agli animali selvatici. I romani sono stupiti dall'atteggiamento dei seguaci di Cristo: prima di morire cantano, i loro volti sono ispirati. Nelle arene si svolgono scene dantesche. Dalla fila più alta dell'anfiteatro, Pietro guarda i martiri, li benedice e chiede per loro la felicità eterna. Si sente come il loro tutore, quindi veglia sulla loro morte.
Capitolo LVII - Il piano di Marco e Petronio
Quando si scopre che un amico cristiano, Nazario, è incaricato di trasportare i corpi fuori dalla prigione (c'era la febbre e molti di loro stavano morendo), Vinicio e Petronio progettano di far trasportare Licia in una bara.
L'azione si conclude con un fallimento perché Licia, gravemente malata, viene trasferita in nel carcere dell'Esquilino. Lì, Vinicio travestito accetta un lavoro come becchino, che gli permette di incontrare la sua amata. I giovani confessano il loro amore reciproco e, di fronte alla morte, ripongono la loro fiducia in Cristo.
Capitolo LVIII - Nuove esecuzioni di cristiani
Nerone continua a inventare nuove torture a cui sono sottoposti i cristiani. Nelle arene si svolgono scene sanguinose della mitologia e alla fine c'è anche una foresta di croci su cui muoiono i cristiani. Uno di essi Crispo. San Paolo accompagna gli sfortunati, confortandoli e raccontando loro la felicità che avranno dopo la morte.
Capitolo LIX - Nerone vacilla
Le persone, che inizialmente guardavano i giochi con interesse, cominciano ad ammirare il potere del Dio cristiano, nel cui nome le folle muoiono di una morte nobile e dignitosa. Chilone convince Nerone a lasciare Roma perché i romani chiamano innocenti i cristiani e la loro rabbia si rivolge nuovamente contro il sovrano.
Capitolo LX - Licia in punto di morte
Marco diventa becchino per stare vicino a Licia. Resta con lei. La ragazza è malata e fa i conti con la morte. Dice addio a Marco, chiedendogli di non abbandonare la sua fede e di venire a patti con la sua morte. Le ultime parole di Licia a Marco sono: "Sono tua moglie!" .
Capitolo LXI - Le nuove torture di Nerone
Vinicio viene a sapere dei piani di Nerone di rendere i cristiani torce viventi. Disperato, si informa per sapere se Licia e Ursus sono tra coloro che verranno condotti a morte. Fortunatamente questa volta sono salvi. Glauco, invece, va incontro alla morte nel corteo.
Capitolo LXII, LXIII - La morte di Glauco e la redenzione di Chilone
I cristiani bruciano su pali decorati con fiori. I giardini imperiali sono pieni dei gemiti dei martiri. Nerone cammina tra quelli in fiamme: la sua follia ha raggiunto l'apice. Chilone è al seguito di Cesare e improvvisamente nota Glauco. Crispo grida con le ultime forze che Nerone è un matricida e che la sua ora si avvicina. Vedendo il suo volto addolorato, Chilonide implora il suo perdono. Il greco lo perdona e muore. Chilone grida che è stato Nerone a dare fuoco a Roma e chi ora muore è innocente. Poi scappa e vaga nell'oscurità finché non incontra San Paolo. Questi lo battezza e gli ordina di rendere testimonianza alla verità prima di morire.
Chilone ritorna al palazzo. Si rifiuta di rimangiare le sue parole. Viene torturato. Infine muore sulla croce. La sua morte è accompagnata dalla voce di Paolo: "La pace sia sui martiri" .
Capitolo LXIV, LXV - Licia condannata a morte
Petronio riceve la visita del senatore Scevino e cerca di coinvolgerlo in un complotto per rovesciare Cesare, ma Petronio non si fida di lui. L'arbitro dell'eleganza tenta ancora una volta di convincere Nerone a liberare Licia; ricorda infatt a Nerone che poco prima dell'incendio aveva promesso di dare Licia in moglie a Vinicio. Tuttavia, Tigellino e Cesare hanno altri piani per lei e Ursus. Petronio è sicuro che Licia sarà condannata a morte, ma è chiaro che sta progettando qualcosa di insolito.
Licia è ancora in carcere, è malata. Marco vuole che lei viva, ma a volte vuole che muoia, cosa che metterà fine alle sofferenze della ragazza; sogna solo che lei non soffra e che potrà ricongiungersi con lei dopo la morte.
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Capitolo LXVI - Il trionfo di Ursus
Spettacolo serale nell'anfiteatro. Questa sera all'arena è prevista l'esibizione di Licia e Ursus. Vinicio è disperato e terrorizzato. Nessuno sa quale nuovo tipo di tormento abbia inventato il crudele imperatore.
Ursus esce per primo . Un attimo dopo, un potente uro germanico, una sorta di toro, che porta Licia sulle corna si precipita nell'arena. Vinicio quasi impazzisce. Con voce strozzata dalla disperazione, ripete: “Credo! Credo!... Cristo! Miracolo!" . E accade davvero un miracolo.
Ursus, vedendo la sua protetta sulle corna di un potente animale, si precipita a combattere contro il toro. Dopo aver lottato per qualche tempo, gli si rompe il collo.
La folla impazzisce di gioia. Marco corre nell'arena e copre il corpo nudo di Licia con il suo mantello. I dignitari alzano le dita verso l'alto - in segno di favore per Licia e Ursus. Nerone non è contento, ma cede sotto la pressione della folla inferocita. Gli innamorati possono finalmente sentirsi al sicuro: la gente si prende cura di loro.
Per garantire che Licia e Vinicio siano al sicuro, Petronio suggerisce a Nerone di scrivere una poesia sulla riunione degli amanti grazie alla generosità del sovrano.
Capitolo LXVII, LXVIII - Il consiglio di Petronio
Marco, Ursus e Licia sono in casa di Petronio. Consiglia loro di lasciare Roma e di recarsi in Sicilia. Petronio pensa che la ragazza abbia perso la sua bellezza, mentre Vinicio vede la sua anima, quindi prova un amore ancora più grande. Dopo qualche tempo i giovani si recano in Sicilia, per condurre una vita pacifica e timorata di Dio.
Capitolo LXIX, LXX - “Quo vadis, domine?”
Vinicio e Licia chiedono a Pietro di lasciare Roma, dove è sempre più difficile nascondersi. L'apostolo esita se restare a Roma con un pugno di cristiani o condurne un gruppo numeroso fuori dalla città. Decide infine di lasciare la città, ma lungo la strada incontra Cristo, al quale chiede: Quo vadis, Domine? (Dove vai, Signore?) . Riceve la risposta: Quando lascerai il mio popolo, andrò a Roma per essere crocifisso una seconda volta. Pietro ritorna in città e torna a svolgere fino alla fine il ruolo di pastore e protettore dei cristiani. Lì viene catturato e crocifisso.
Capitolo LXXI, LXXII - Il destino si compie
Santo Pietro è dunque crocifisso e san Paolo decapitato: entrambi muoiono nobilmente, con dignità. Intanto Roma è ancora in preda alla follia. Viene alla luce un complotto per privare Nerone del potere e la maggior parte dei suoi senatori e delle persone più vicine all’imperatore, inclusa Poppea, perdono la vita.
Capitolo LXXIII, LXXIV - La fine di Petronio
In una lettera a Petronio, Vinicio cerca di convincere il suo amico ad accettare la fede cristiana e a lasciare Roma. Petronio rifiuta questa proposta e scrive un'ultima lettera a Vinicio.
Due giorni dopo, riceve la notizia che è stato deciso di inviargli un ordine di suicidio. Petronio anticipa Cesare e, insieme ad Eunice, durante un banchetto, circondato da amici e fiori, ordina che vengano aperte le vene ad entrambi. La fedele Eunice muore con il suo amato. Prima di morire, l'arbitro dell'eleganza scrive una lettera a Nerone in cui ridicolizza le sue capacità di poeta e cantore.
Epilogo
Nerone è in Acaia in Grecia. L'esercito si ribella a Roma. Cesare rischia di perdere il potere, ma non gli importa perché non riesce a pensare altro che alla poesia. Continua a ripetersi che tutto funzionerà grazie al suo talento. Quando ritorna trionfalmente nella città, scopre che invece l'umore generale si sta sempre più deteriorando. Il popolo indignato condanna il crudele tiranno.
Si scopre che Galba è stato nominato come nuovo Cesare. Nerone rimane solo, tutti i suoi servi fuggono da lui. Alla fine Nerone resta solo, abbandonato e privato del trono. Gli rimangono fedeli solo tre liberti, che lo convincono a fuggire dal palazzo.
Egli si reca allora a casa di Faone e più tardi, quando Nerone tenta di pugnalarsi ma non ci riesce per paura, uno dei suoi schiavi, Epafrodito, lo aiuta spingendo il coltello. Nerone muore convinto del suo talento, con le parole: "Quale artista muore con me! I suoi funerali sono organizzati dalla sempre fedele Atte che riveste il suo corpo con tessuti costosi e lo brucia su una pira funeraria.
Versioni cinematografiche
Il romanzo storico Quo vadis? È stata la base di ispirazione per le seguenti versioni cinematografiche:
- Quo vadis? (1912): diretto da Enrico Guazzoni, Italia.
- Quo vadis? (1924): diretto da Gabriellino D'Annunzio e Georg Jacoby, Italia.
- Quo vadis? (1951): diretto da Mervyn LeRoy, Stati Uniti.
- Quo vadis? (1985): regia di Franco Rossi, Italia (serie TV).
- Quo vadis? (2001): diretto da Jerzy Kawalerowicz, Polonia.
Tra tutti i lungometraggi sopra menzionati, il più noto è quello americano, con le interpretazioni di Robert Taylor, Deborah Kerr e Peter Ustinov nel ruolo di Nerone, una delle loro interpretazioni più brillanti.
Biografia di Henryk Sienkiewicz
Nascita e Giovinezza
Henryk Sienkiewicz, uno dei più celebri scrittori polacchi, nacque il 5 maggio 1846 a Wola Okrzejska, una città situata nell'Impero Russo. La sua infanzia trascorse in un ambiente familiare colto e gli fu impartita un'educazione di alta qualità.
Studi e Inizio della Carriera
Dopo aver completato gli studi al ginnasio di Warsaw e successivamente all'Università di Varsavia, Sienkiewicz intraprese una carriera giornalistica e letteraria. Nel 1872, si trasferì a Ginevra per lavorare come corrispondente estero per il giornale "Gazeta Polska."
Esperienze di Viaggio
Durante la sua carriera, Henryk Sienkiewicz intraprese numerosi viaggi che lo portarono a conoscere diverse culture europee. Queste esperienze arricchirono il suo bagaglio culturale e contribuirono alla sua produzione letteraria.
Successi Letterari
Sienkiewicz è noto soprattutto per i suoi romanzi storici, tra cui "Quo Vadis," "Il diluvio," e "Con il fuoco e con la spada." Il suo stile narrativo coinvolgente e la profondità delle sue opere lo resero uno degli scrittori più importanti del suo tempo.
Premio Nobel per la Letteratura
Nel 1905, Henryk Sienkiewicz fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura in riconoscimento del suo eccezionale contributo alla letteratura mondiale e al suo impegno nella promozione della cultura polacca.
Ultimi Anni e Morte
Sienkiewicz visse gran parte degli ultimi anni della sua vita in California, dove si dedicò a lavori letterari e contributi sociali. Morì il 15 novembre 1916 a Vevey, Svizzera.
Eredità Duratura
L'opera di Henryk Sienkiewicz continua ad essere letta e apprezzata in tutto il mondo, dimostrando l'importanza del suo contributo alla letteratura polacca e mondiale. Le sue opere affrontano temi universali e offrono una prospettiva unica sulla storia e la cultura polacca.
Opere di Henryk Sienkiewicz
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La Trilogia ( Trylogia ):
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Con fuoco e spada ( Ogniem i mieczem , 1884 ) racconta la rivolta Khmelnytsky del XVII secolo dei cosacchi ucraini contro la Polonia; .
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Il Diluvio ( Potop , 1886) descrive l'invasione svedese della Polonia del XVII secolo.
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Il colonnello Wołodyjowski ( Pan Wołodyjowski , 1888) descrive la lotta della Polonia contro l' Impero Ottomano , durante l'invasione del 1668–72; .
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Senza dogma ( Bez dogmatu , 1891).
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La Famiglia Polaniecki , alias Figli della Terra ( Rodzina Połanieckich , 1894).
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Quo Vadis (1895): Questo romanzo storico, ambientato nell'antica Roma, è uno dei lavori più celebri di Sienkiewicz e tratta della persecuzione dei cristiani sotto l'imperatore Nerone.
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I Cavalieri Teutonici (aka I Cavalieri della Croce : Krzyżacy , 1900) che descrive gli eventi storici della battaglia di Grunwald .
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Sul campo della gloria ( Na polu chwały , 1906): la storia del re Giovanni III Sobieski e della battaglia di Vienna .
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Nel deserto e nella natura selvaggia ( W pustyni iw puszczy , 1912): le avventure di un ragazzo polacco, Staś, e di una ragazza inglese più giovane, Nell'in Africa durante la guerra mahdista del 1881–99.
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